E proprio la benzina potrebbe essere il miglior propellente per Boko Haram, e la sua battaglia.
Il governo di Goodluck Jonathan ha infatti annunciato due giorni fa la fine dei sussidi statali. Con il risultato che il prezzo del carburante alle pompe di benzina nel più popoloso paese africano è schizzato passando dai 65 naira (0.40 dollari) al litro a 140 naira. Anche il mercato nero è stato toccato dalla nuova legge. Si è così passati dai 100 ai 200 naira al litro. Abbastanza per scatenare la rabbia della maggioranza dei nigeriani, abbastanza per far scendere in strada molti giovani per protestare contro il provvedimento governativo. L’opposizione lancia i suoi strali contro Jonathan, mentre i sindacati principali, il Trades Union Congress e il Nigerian Labour Congress chiamano allo sciopero e alle manifestazioni i nigeriani da domani in poi.
In Nigeria la benzina rifornisce i bus e i minibus e le moto, principale mezzo di trasporto. Così il prezzo dei biglietti e delle corse in mototaxi è già raddoppiato o triplicate in molte città, causando forte malcontento. L’altro utilizzo della benzina è per i generatori elettrici, come in quasi tutti i paesi africani.
Il ministero delle Finanze ha spiegato che negli ultimi anni i sussidi sono costati al governo federale otto miliardi di dollari, risorse non sostenibili per le casse pubbliche di Abuja. Da qui la decisione, invocata anche da molti economisti che sostenevano che i sussidi finissero nelle tasche degli importatori di benzina.
Il partito di maggioranza ha spiegato che con le risorse liberate si potranno fare investimenti in infrastrutture, creare posti di lavoro e attuare il tanto atteso aumento del salario minimo a 90 euro al mese.
Ora il punto cruciale è che questa ondata di malcontento si colloca in un momento in cui Boko Haram ha alzato violentemente la testa. Dopo gli attentati di Natale e le timide risposte di Goodluck Jonathan, con le ultime dichiarazioni, la setta islamica alza il tiro. Boko Haram, dopo aver detto che anche l’esercito (schierato in massa negli stati del nord est dal governo federale) è nel mirino, ha dato un ultimatum alla popolazione cristiana: lasciare le zone a maggioranza musulmana entro tre giorni «altrimenti morirete tutti». Minaccia che ha fatto tremare alcuni osservatori che parlano di possibile guerra di religione.
Per tutta risposta Jonathan ha dichiarato lo stato di emergenza: truppe e carri armati circolano per le strade di Maiduguri, capoluogo di Borno e roccaforte di Boko Haram. A Dumaturu, capoluogo di Yobe, sono schierati almeno 10 mila militari, altri 7 mila sono stati dislocati nella città settentrionale di Kano, mentre a Jos (capoluogo dello stato di Plateau) è in vigore il coprifuoco. Chiusi i valichi di frontiera tra Niger, Ciad, Camerun e Borno.
Il rischio è che Boko Haram cavalchi efficacemente il malcontento popolare. Già la setta estremista (300 membri armati e agguerriti, buona logistica, alta efficacia, ma appeal sulla popolazione limitato ad alcune zone) sta cercando di dare voce al disagio delle regioni del nord, dimenticate da Abuja.
L’aspetto religioso viene efficacemente cavalcato e copre altre questioni: un nord arretrato e “dimenticato” da Abuja, polizia dal pugno pesante in quelle zone, e sotto il mirino di Amnesty International per le sue violenze, la mancata “alternanza, consuetudine non scritta, alla Presidenza, non rispettata da Goodluck Jonathan, cristiano del sud, succeduto a un presidente musulmano. Ora l’impopolare misura sui carburanti voluta da Jonathan rischia di gettare benzina sul fuoco.
Lo conferma Isaac Olawale Albert analista e professore all’università di Ibadan in Nigeria: “la misura voluta da Jonathan, evidentemente mal consigliato dal suo staff, non è sostenibile nel lungo periodo per la popolazione nigeriana. Togliere i sussidi crea frustrazione, la stessa frustrazione cavalcata da Boko Haram. Per cui il provvedimento aggiunge crisi a crisi. I prossimi giorni saranno cruciali per il nostro paese. Io stesso oggi sono uscito per fare rifornimento per il generatore e ho speso una cifra esorbitante. Non posso pagare questi prezzi, non guadagno abbastanza”,
Fonte: www.ilsole24ore.com del 2 gennaio 2012