Arrestati due fratelli, accusati di aver freddato il sacerdote lombardo del Pime nell’agguato del 16 ottobre scorso davanti alla sua parrocchia. Resta mistero sul movente, ma è il terzo missionario italiano che si batteva per i diritti delle popolazioni locali a finire assassinato
ROMA – Svolta nelle indagini sull’assassinio nelle Filippine di padre Fausto Tentorio 1, il missionario italiano che da 33 anni lavorava a fianco delle popolazioni indigene locali e in difesa delle loro terre. Le forze dell’ordine filippine hanno arrestato il presunto assassino del missionario del Pontificio istituto per le missioni estere (Pime).
Il ministro della Giustizia, Leila de Lima, ha spiegato che Jimmy Ato e suo fratello Robert, ritenuto complice dell’aggressione, sono stati arrestati dopo un breve conflitto a fuoco nella loro casa di Arakan, nella provincia di Nord Cotabato, la stessa città in cui era parroco e dove fu ucciso il sacerdote italiano.
Secondo il ministro, Ato è stato identificato da diversi testimoni come il killer che sparò a Tentorio, di fronte alla sua parrocchia di Arakan, mentre suo fratello guidava la moto con la quale i due fuggirono dopo l’agguato. “Al momento dell’arresto Robert Ato ha aperto il fuoco contro i nostri agenti, ma per fortuna nessuno è rimasto ferito”, ha detto De Lima. Nessun cenno sul movente e su possibilli mandanti dell’omicidio.
Tentorio, 59 anni, risiedeva nell’isola filippina di Mindanao dal 1978, dove era missionario per il Pime e, come tanti religiosi in giro per il mondo, era molto impegnato in battaglie a favore dei diritti degli indigeni e nella difesa delle loro terre dalle grandi compagnie e dai latifondisti. In passato aveva ricevuto varie minacce di morte ed era già sfuggito a un’imboscata tesa da un gruppo paramilitare anti-comunista.
Nelle Filippine lavorano una ventina di sacerdoti del Pime, la gran parte proprio a Mindanao. Il Pime ha pagato un prezzo molto alto al proprio impegno missionario e, prima di padre Fausto Tentorio, ha visto assassinare altri due suoi sacerdoti: padre Tullio Favali, ucciso da un gruppo paramilitare nel 1985, e padre Salvatore Carzedda, freddato da uomini armati a Zamboanga nel 1992.
Fonte: www.repubblica.it del 29 dicembre 2011