Francesco Pinna (foto): la vita di uno studente-lavoratore tragicamente conclusa a Trieste
La tragica fine di Francesco Pinna, il ragazzo di vent’anni di Trieste, morto lunedì mentre lavorava al montaggio del palco del concerto di Jovanotti, “ci addolora enormemente: era uno studente-lavoratore, con i suoi sogni e il suo progetto di vita che alimentava lavorando agli allestimenti di eventi pubblici come i concerti. La morte di un giovane è sempre una grande perdita che tocca da vicino il cuore di tutti”. Lo ha dichiarato al SIR don Nicolò Anselmi, responsabile del Servizio nazionale per la pastorale giovanile (Snpg) della Cei. Davanti a fatti del genere, ha detto, “il primo sentimento è di stretta vicinanza e preghiera alla famiglia, ai suoi amici a coloro che gli volevano bene. Uno sguardo di fede ci aiuta a pensare che la vita non si ferma con la morte ma va oltre, nell’eternità di Dio”. Per don Anselmi “la morte di Francesco deve farci riflettere e pensare anche ai tanti giovani che si prodigano per costruirsi un futuro solido. Il mondo degli adulti deve aiutarli a realizzare i loro progetti di vita ed evitare così che cadano nelle mani di mafie pronti a sfruttarli; i giovani sono un grande dono per la società, la loro generosità, la loro freschezza, genialità, serietà e sono semi di speranza”.
Pregare per il mondo del lavoro. “Una tragedia come questa, costata la perdita di una giovanissima vita umana alla vigilia di un evento che doveva essere di gioia e di festa soprattutto per tanti suoi coetanei, c’interroga e costringe a riflettere anche sulle gravi responsabilità che tutti noi abbiamo nei confronti dei giovani e del lavoro”. È quanto afferma al SIR don Giovanni Angeli, consulente ecclesiastico della Commissione diocesana per i problemi sociali e del lavoro di Trieste e “accompagnatore spirituale” delle Acli cittadine.
Che cosa dire ad una famiglia, come quella del giovane Francesco, così gravemente colpita? “Di fronte a chi chiede: ‘Dio perché me lo hai tolto?’ non abbiamo risposte, tanto più perché si tratta di un giovane di neanche vent’anni – dice don Angeli –. Ai familiari dobbiamo esprimere conforto, vicinanza e solidarietà e impegnarci per evitare il ripetersi di simili avvenimenti. Questa è l’unica risposta. Di fronte alla morte o si crede, e allora pur con il cuore spezzato la fede ci dice che non questa è l’ultima parola; oppure non si crede, e allora occorre sostenere e aiutare chi si sente sopraffatto dal dolore a non cadere nella disperazione”. Più in generale, conclude il sacerdote, “nelle nostre comunità parrocchiali si parla troppo poco di lavoro e non si prega abbastanza per il mondo del lavoro. Come Chiesa, invece, dovremmo pregare e far pregare per quelli di cui non si parla mai: una moltitudine di persone che ogni mattina si alza alle cinque, va in fabbrica o in cantiere e qualche volta la sera non ritorna a casa”.
Fonte: www.agensir.it del 14 dicembre 2011